COMPRENSIONE DEL TESTO MARCOVALDO, di Italo Calvino
Por: SonSolimar • 23/11/2017 • 5.263 Palavras (22 Páginas) • 769 Visualizações
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occhi. Marcovaldo, discreto, si (Marcovaldo) ritrasse. «È tardi, –pensò, – non passeranno mica la notte all’aperto! La finiranno di tubare! »
Ma i due non tubavano mica: litigavano. E tra due innamorati un litigio non si può dire mai a che ora andrà a finire.
Lui (pronome soggeto riferito a Marcovaldo) diceva: – Ma tu non vuoi ammettere che dicendo quello che hai detto sapevi di farmi (pronome riflessivo personale = Marcovaldo) dispiacere anziché piacere come facevi (pronome riflesssivo personale = due innamorati) finta di credere?
Marcovaldo capì che sarebbe andata per le lunghe.
– No, non l’ammetto, – rispose lei (pronome soggeto è riferito a innamorata), e Marcovaldo già se l’aspettava.
– Perché non l’ammetti?
– Non l’ammetterò mai.
«Ahi», pensò Marcovaldo. Col suo guanciale stretto sotto il braccio, andò a fare un giro. Andò a guardare la luna, che era piena, grande sugli alberi e i tetti. Tornò verso la panchina, girando un po’ al largo per lo scrupolo di disturbarli, ma in fondo sperando di dar loro un po’ di noia e persuaderli (pronome personale = loro = due innamorati) ad andarsene. Ma erano troppo infervorati nella discussione per accorgersi (pronome riflessivo personale riferito a due innamorati) di lui (Pronome soggetto = Marcovaldo).
– Allora ammetti?
– No, no, non lo (pronome personale riferito a innamorato) ammetto affatto! – Ma ammettendo che tu ammettessi?
– Ammettendo che ammettessi, non ammetterei quel che vuoi farmi ammettere tu (pronome soggetto)!
Marcovaldo tornò a guardare la luna, poi andò a guardare un semaforo che c’era un po’ più in là. Il semaforo segnava giallo, giallo, giallo, continuando ad accendersi (pronome riflessivo personale si è riferito a semaforo) e riaccendersi (pron. Pers. = semaforo). Marcovaldo confrontò la luna e il semaforo. La luna col suo pallore misterioso, giallo anch’esso, ma in fondo verde e anche azzurro, e il semaforo con quel suo gialletto volgare. E la luna, tutta calma, irradiante la sua luce senza fretta, venata ogni tanto di sottili resti di nubi, che lei con maestà si lasciava cadere alle spalle; e il semaforo intanto sempre lì (avverbio di luogo) accendi e spegni, accendi e spegni, affannoso, falsamente vivace, stanco e schiavo.
5 Tornò a vedere se la ragazza aveva ammesso: macché, non ammetteva, anzi non era più lei (pronome soggeto = innamorata) a non ammettere, ma lui (pronome soggetto = innamorato). La situazione era tutta cambiata, ed era lei (pronome soggetto = innamorata) che diceva a lui (pronome soggetto = innamorato): – Allora, ammetti? – e lui a dire di no. Così passò mezz’ora. Alla fine lui ammise, o lei, insomma Marcovaldo li (pronome personali riferito a loro = innamorati) vide alzarsi (pronome riflessivo personali riferito a loro = innamorati) e andarsene tenendosi (pronome personali riferito a loro = innamorati) per mano.
Corse alla panchina, si buttò giù (avverbio di luogo = panchina), ma intanto, nell’attesa, un po’ della dolcezza che s’aspettava di trovarvi non era più nella disposizione di sentirla, e anche il letto di casa non lo ricordava più così duro. Ma queste erano sfumature, la sua intenzione di godersi la notte all’aperto era ben ferma: sprofondò il viso nel guanciale e si dispose al sonno, a un sonno come da tempo ne aveva smesso l’abitudine. Ora aveva trovato la posizione più comoda. Non si sarebbe spostato d’un millimetro per nulla al mondo. Peccato soltanto che a stare così, il suo sguardo non cadesse su di una prospettiva d’alberi e ciclo soltanto, in modo che il sonno gli chiudesse gli occhi su una visione di assoluta serenità naturale, ma davanti a lui (pronome soggetto = Marcovaldo) si succedessero, in scorcio, un albero, la spada d’un generale dall’alto del suo monumento, un altro albero, un tabellone delle affissioni pubbliche, un terzo albero, e poi, un po’ più lontano, quella falsa luna intermittente del semaforo che continuava a sgranare il suo giallo, giallo, giallo. Bisogna dire che in questi ultimi tempi Marcovaldo aveva un sistema nervoso in così cattivo stato che, nonostante fosse stanco morto, bastava una cosa da nulla, bastava si (pronome personale = Marcovaldo) mettesse in testa che qualcosa gli (pronome personale = Marcovaldo) dava fastidio, e lui (pronome soggetto = Marcovaldo) non dormiva. E adesso gli (pronome personale = Marcovaldo) dava fastidio quel semaforo che s’accendeva e si (pronome personale = Marcovaldo) spegneva. Era laggiù (avverbio di luogo, si riferisce come è lontano il semaforo), lontano, un occhio giallo che ammicca, solitario: non ci sarebbe stato da farci caso. Ma Marcovaldo doveva proprio essersi buscato un esaurimento: fissava quell’(pronome dimostrativo, riferito a semaforo) accendi e spegni e si ripeteva: «Come dormirei bene se non ci fosse quell’(pronome dimostrativo, riferito a semaforo) affare! Come dormirei bene! » Chiudeva gli occhi e gli (pronome personale = Marcovaldo) pareva di sentire sotto le palpebre l’accendi e spegni di quello sciocco giallo; strizzava gli occhi e vedeva decine di semafori; li (pronome personale = gli occhi di Marcovaldo) riapriva, era sempre daccapo. S’alzò. Doveva mettere uno schermo tra sé (pronome personale = gli occhi di Marcovaldo)e il semaforo. Andò fino al monumento del generale e guardò intorno. Ai piedi del monumento c’era una corona d’alloro, bella spessa, ma ormai secca e mezzo spampanata, montata su bacchette, con un gran nastro sbiadito: «7 Lancieri del Quindicesimo nell’Anniversario della Gloria». Marcovaldo s’arrampicò sul piedestallo, issò la corona, la infilò alla sciabola del generale. Il vigile notturno Tornaquinci in perlustrazione attraversava la piazza in bicicletta; Marcovaldo s’appostò dietro la statua. Tornaquinci aveva visto sul terreno l’ombra del monumento muoversi: si (pronome riflessivo personali = Marcovaldo) fermò pieno di sospetto. Scrutò quella corona sulla sciabola, capì che c’era qualcosa fuori posto, ma non sapeva bene che cosa. Puntò lassù la luce d’una lampadina a riflettore, lesse: «I Lancieri del Quindicesimo nell’Anniversario della Gloria», scosse il capo in segno d’approvazione e se (pronome riflessivo personale = Marcovaldo) ne andò.
Per lasciarlo (pronome personale che si riferisce all semaforo) allontanare, Marcovaldo rifece il giro della piazza. In una via vicina, una squadra d’operai stava aggiustando uno scambio alle rotaie del tram. Di notte, nelle vie deserte, quei gruppetti d’uomini accucciati al bagliore dei
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